Il mondo della cannabis è caratterizzato da momenti spartiacque che ne hanno segnato la storia. In questo novero è possibile includere l’introduzione sul mercato dei semi autofiorenti. Cosa sono? Semi caratterizzati, come dice il nome stesso, per il fatto di fiorire in tempi rapidi e senza particolari necessità di particolari premure relative alla gestione della luce.
Adatti a chi si approccia da zero alla coltivazione della cannabis, sono considerati dagli esperti una vera e propria rivoluzione e, comprensibilmente, sono al centro di numerose domande.
Tra questi interrogativi, rientrano le domande relative a dove coltivarli. Meglio gli spazi outdoor o quelli indoor? Nelle prossime righe di questo articolo, scopriamo assieme la risposta a questa domanda.
Semi autofiorenti di cannabis: sono meglio gli spazi outdoor o quelli interni?
I semi autofiorenti di cannabis si possono coltivare sia negli spazi outdoor, sia in quelli interni. In entrambi i casi, è necessario mettere in campo alcuni accorgimenti per avere la garanzia di un risultato soddisfacente.
Consigli per coltivare la cannabis autofiorente outdoor
Quando si parla di consigli per coltivare i semi di cannabis autofiorenti outdoor, è il caso di ricordare che, prima di tutto, è bene scegliere con attenzione la zona dove posizionare le piante. L’optimum prevede il fatto di focalizzarsi su uno spazio il più possibile esposto al sole. Attenzione: non è tutto! Se si riesce, è il caso di trovare un’area dove le piante, anche nelle ore più calde della giornata, possano ricevere un po’ di ombra.
Un altro accorgimento fondamentale prevede il fatto di posizionare le piante in una zona sufficientemente protetta dal vento, dalla pioggia e da altri agenti atmosferici.
Come coltivare i semi autofiorenti di cannabis in casa
Come già detto, i semi di cannabis autofiorenti possono essere coltivati senza problemi anche in ambienti interni. Partiamo dalla gestione delle luci che, come affermato nelle righe precedenti, non richiede particolari premure. Il suggerimento principale in questo caso prevede il fatto di focalizzarsi sulle luci a LED, che hanno l’oggettivo vantaggio di garantire un’ottima resa luminosa e di essere estremamente economiche.
Un aspetto fondamentale da sottolineare riguarda il fatto che, quando si chiama in causa questa fase, non è necessario procedere a livello pratico nel fare cambiamenti riguardanti il ciclo. Uno schema che tantissimi coltivatori – anche molto esperti – adottano è il programma 18/6, che consiste in 18 ore di esposizione alla luce e in 6 di buio totale. Un’altra alternativa da prendere in considerazione è lo schema 20/4.
In entrambi i casi, è importante porre attenzione alla scelta del vaso. Prima di entrare nel vivo delle dritte da seguire da questo punto di vista, è il caso di ricordare che, se si ha intenzione di preservare le piante, è il caso di reinvasarle il meno possibile.
Data questa doverosa premessa, facciamo presente che, nel caso in cui si ha a che fare con un numero di piante compreso tra uno e quattro, è opportuno focalizzarsi verso vasi con una capacità tra i 10 e i 15 litri.
Quando si ha a che fare con piante piccole, invece, vanno benissimo vasi con una capacità compresa tra 6,5 e 8,5 litri.
Un altro aspetto da prendere in considerazione a prescindere da dove si coltivano le autofiorenti è l’efficienza del drenaggio. Per dare vita a un sistema adeguato da questo punto di vista, è fondamentale ricorrere all’argilla espansa, meglio se mischiata con la fibra di cocco. Grazie a questo mix, è possibile apprezzare la presenza di un maggior numero di sacche d’aria, il che ha come conseguenza una maggior espansione delle radici.
Se il sistema di drenaggio non funziona adeguatamente, il rischio è quello di avere a che fare con un terreno inzuppato e con la perdita di ossigeno in prossimità delle radici.